L’Italia chiamò: rinunciamo agli aumenti, lo Stato pensi prima a chi perde il lavoro

LE PROPOSTE DELL’ASSOCIAZIONE DEI DIRIGENTI PUBBLICI 

 

I dirigenti pubblici ritengono che l’attuale situazione emergenziale e i suoi risvolti sociali ed economici impongano una riflessione urgente ma ponderata su idee e proposte da mettere in campo per la gestione della crisi e un rapido ritorno alla normalità, facendo tesoro delle esperienze apprese. 

Questo breve documento intende avviare, sulla base delle attività poste in essere in questo periodo di emergenza dalla dirigenza pubblica, un percorso di riflessione condiviso, volto a identificare soluzioni immediate che contribuiscano a rendere più sostenibile la gestione della crisi, sotto ogni profilo a farne un’opportunità di innovazione per il futuro.

Con riferimento alla gestione delle risorse, oltre che ragionare in termini di priorità e coordinamento rispetto alla spesa nazionale (statale e regionale), occorre rivedere subito la spesa che è possibile effettuare attraverso i Fondi UE.

In merito alcune proposte:

1)      appare opportuna ri-negoziazione dell’Accordo di Partenariato attuale (non è possibile solo emendare in alcune parti l’Accordo che dovrebbe essere quindi riscritto e velocemente approvato dalla Commissione) al fine di rimuovere tutti i vincoli che oggi limitano la possibilità di dare contributi alle imprese. La logica è che non c’è più tempo per cercare di avere imprese migliori, ma occorre preservare e potenziare quelle che ci sono. Le azioni da eseguire prevedono i seguenti passaggi:

  1.     Riprogrammare le risorse non impegnate a favore delle imprese e dei lavoratori autonomi privi di garanzie idonee;
  2.     Adottare una versione più snella dell’Accordo di partenariato, in cui si rinunci a criteri di selezione/vincoli di tipo qualitativo, per riorientare le risorse a favore dei settori produttivi in situazione di crisi o pre-crisi;
  3.       Finanziare strumenti veloci di sostegno alle aziende che garantiscano liquidità alle imprese quali il credito d’imposta (che è strumento automatico) e i fondi di garanzia (che consentono di mettere a disposizione delle imprese la liquidità del sistema bancario, rapidamente e con un fattore di moltiplicazione molto alto);

 

  1.     Concordare con la Commissione Europea anche forme semplificate di controllo (essenziali nel caso di rifinanziamento del credito d’imposta che è uno strumento automatico, molto efficiente, ma che proprio per questo si concilia con difficoltà con il sistema dei controlli, come esso viene applicato in base alla interpretazione che gli uffici della Commissione danno dei regolamenti.

2)      occorre modificare i regolamenti europei in materia di de minimis (gli aiuti di Stato, cioè, che per la loro esigua entità non richiedono una preventiva notifica e alla Commissione Europea e la approvazione da parte di questa, per essere operativi). Appare opportuno innalzare l’attuale limite massimo di aiuti de minimis. Esso è attualmente di 200mila euro nell’arco di 3 anni (altri aiuti possono essere cumulati fino a 500mila euro in tre anni, ma solo per i servizi di interesse economico generale, cioè le attività commerciali che assolvono missioni d’interesse generale e sono soggetti a obblighi di servizio pubblico). Appare coerente con il quadro eoconomico-finaziario proporre di innalzare il limite del de minimis almeno a 500mila euro in un anno.

3)      con riferimento al sistema degli appalti, appare evidente l’inadeguatezza dell’attuale Codice nella gestione degli approvvigionamenti di lavori, servizi e forniture in emergenza (artt. 63, 125 e 163, peraltro il 163 riferibile solo a lavori). per la quale è da estendere il più ampiamente possibile il cd. “modello Ponte Morandi”, prevedendo regole snelle e procedure semplificate del codice dei contratti. Occorrerebbe affidarsi ad una legislazione di emergenza solo in casi residuali, predisponendo una normativa ordianria che preveda e permetta, in ogni situazione, un’adeguata rapidità e celerità dell’azione amministrativa. In generale, occorre ridurre al minimo la logica degli adempimenti formali, consentendo agli apparati pubblici di lavorare orientati al risultato, rimandando al prossimo futuro una definitiva riflessione sulle costrizioni normative e regolamentari da cui sono afflitte tutte le PA, impedendo o comunque pregiudicando l’esercizio delle proprie funzioni, la rapidità e la celerità dell’azione amministrativa ed obbligando spesso a perdere di vista la propria missione per dedicarsi al rispetto di regole ridondanti, formali e, di fatto, inutili.

4)       occorre un forte impulso  allo sviluppo digitale, che richiede una concentrazione di risorse su: infrastrutture informatiche e tecnologiche, interconnesse (anagrafiche, sanitarie, fiscali e welfare) e accessibili, per favorire l’accesso ai servizi e l’elaborazione e utilizzo dei big data, necessario oggi per mirare le politiche e migliorare l’efficienza e l’efficacia delle stesse. Digitalizzare il Paese e lo Stato, diffondendo ovunque la banda ultra larga e il 5G. il settore pubblico può e deve erogare servizi di utilità e di interesse del Paese con velocità ed innovazione almeno pari se non superiore al settore privato. 

5)      occorre realizzare un regionalismo responsabile. Ci troviamo inoltre con un regionalismo senza centro, molto debole, che non riesce ad intervenire in via sostitutiva di fronte ai fallimenti di una singola regione e che non riesce ad assicurare l’uniformità di applicazione delle norme e standard comuni di servizi. Un ragionamento amministrativo e organizzativo andrà fatto sui piccoli comuni. L’emergenza sanitaria ed epidemiologica da Covid-19 ha reso ancor più evidente che per far fronte a certe sfide servono strutture ed infrastrutture adeguate e le sfide ordinarie e straordinarie che si pongono davanti richiedono investimenti e professionalità, incompatibili con le piccole dimensioni degli enti locali italiani. Inoltre, il divario sociale ed economico nord-sud, pur con qualche eccezione, è fortemente connesso ad un divario di capacità amministrativa, per la quale pur in presenza di numerose risorse gli investimenti non partono e i contesti non migliorano.

 

Dobbiamo rialzarci presto e tutti dovranno non solo compiere il proprio dovere, ma fare di più. Per questo l’Agdp è disposta a rinunciare ad un anno degli incrementi stipendiali previsti per i dirigenti dall’ultimo rinnovo contrattuale, per destinarli ai lavoratori che perdono il lavoro. Vorremmo esprimere anche in questo modo la massima solidarietà alle imprese e ai lavoratori in crisi.